Negli ultimi anni, molte aziende italiane hanno scoperto le “meraviglie” della traduzione automatica: è veloce, economica e a portata di clic. Ma quando il testo esce dal circuito interno e raggiunge clienti, distributori o amministrazioni estere, il conto può essere molto più salato di qualsiasi preventivo di un’agenzia professionale. Una cattiva traduzione danneggia la percezione del marchio, riduce la fiducia e può portare a perdite dirette di vendite, anche se apparentemente è “comprensibile”.
In Italia, lo stesso vale a tutti i livelli: dalla PMI della moda di Firenze che traduce il suo e-commerce con un plugin automatico, al produttore lombardo di macchinari industriali che invia manuali tecnici generati da un’IA senza revisione umana. Le sfumature che si perdono sono proprio quelle alla base dell’immagine del marchio, della certezza del diritto e della fiducia dei clienti.
Dove la traduzione automatica fallisce
La traduzione automatica neurale è migliorata enormemente, ma presenta ancora difficoltà strutturali: fatica a gestire sfumature culturali, ironia, espressioni idiomatiche, strutture complesse e domini altamente specializzati.
Nel contesto italiano ciò è particolarmente evidente in tre ambiti:
–Nei testi legali e amministrativi, tipici delle aziende esportatrici. Clausole, condizioni sospensive, limitazioni di responsabilità o sfumature di negazione rimangono un terreno scivoloso per i motori automatici. Un “no” mal interpretato o una data modificata per errore non sono solo un errore stilistico: possono invalidare un contratto o dar luogo a gravi controversie.
–Nel marketing e nella comunicazione. L’Italia vende design, lifestyle, gastronomia, moda, turismo… in altre parole, vende emozioni e cultura. Proprio quello che l’IA senza supervisione umana fa peggio. Uno slogan tradotto letteralmente può suonare aggressivo in tedesco, ridicolo in inglese o troppo informale in francese. Questi “piccoli” errori di localizzazione trasformano campagne costose in barzellette virali, danneggiano la reputazione e fanno apparire il marchio poco professionale.
–Nei contenuti suscettibili di pregiudizi. I sistemi di intelligenza artificiale sono addestrati con grandi quantità di dati e portano con sé pregiudizi di genere, culturali o sociali. In combinazioni come inglese-italiano, è frequente che la macchina rafforzi gli stereotipi di genere nelle professioni e nei ruoli. Per un’azienda italiana che vuole comunicare diversità e inclusione, questo può andare contro le sue politiche interne e la sua immagine pubblica.
Esempi tipici di errori nelle aziende italiane
Un’azienda italiana di macchinari esporta in Germania e Francia. Traduce schede tecniche e manuali di sicurezza con un motore automatico integrato nel suo sistema di gestione dei documenti. Il sistema interpreta male diverse unità numeriche (kW, Nm, bar) e arrotonda i valori in modo errato. Il risultato è un manuale con limiti di pressione modificati. Nessuno se ne accorge finché un cliente non chiede spiegazioni. Il rischio non è solo di reputazione: ci possono essere anche conseguenze legali se si verifica un incidente e si dimostra che la documentazione non era corretta.
Una catena alberghiera di Roma decide di tradurre il proprio sito web in inglese e spagnolo per attirare il turismo internazionale. Per risparmiare, utilizza una traduzione automatica “senza ritocchi”. Le descrizioni delle camere sono grammaticalmente accettabili, ma si perdono le sfumature culturali: espressioni che in italiano suonano calde ed eleganti diventano frasi fredde o strane. La sensazione di sciatteria linguistica fa sì che l’utente percepisca il marchio come meno affidabile e professionale, riducendo la probabilità di prenotare anche se il prezzo è competitivo.
Una società di consulenza fiscale italiana pubblica un contenuto in inglese sulla normativa fiscale per gli investitori stranieri. L’IA traduce termini tecnici in modo incoerente (lo stesso concetto compare con tre opzioni diverse nel testo) e “attenua” una negazione in una frase chiave. Al lettore non è chiaro quale sia l’obbligo fiscale applicabile e la società è esposta a reclami se qualcuno interpreta la versione tradotta come quella ufficiale.
In tutti e tre i casi la storia si ripete: la traduzione automatica sembrava “sufficiente” finché non è stata esaminata con una lente d’ingrandimento o finché il problema non ha generato conseguenze reali.
IA + giudizio umano: il modello che funziona
Tutto ciò non significa che l’IA sia inutile. Al contrario, se ben integrata in un flusso di lavoro professionale, è uno strumento potentissimo per le aziende italiane: velocizza i progetti, riduce i costi e permette di tradurre più contenuti. Il problema non è l’IA, ma lasciare che faccia tutto essa sola.
Ecco perché a Okodia parliamo sempre di IA con giudizio umano. La tecnologia ci aiuta a generare una prima bozza, a mantenere la coerenza terminologica e a guadagnare in velocità, ma le decisioni sulla qualità vengono comunque prese da un traduttore professionista specializzato nel settore del cliente.
In pratica, un flusso di lavoro responsabile per il mercato italiano di solito include la selezione e la configurazione del motore per dominio (legale, tecnico, marketing, medico, ecc.) per ridurre al minimo gli errori sistematici.
Post-editing umano da parte di un traduttore madrelingua che conosce la realtà italiana e il mercato di riferimento.
Una revisione aggiuntiva quando il testo lo richiede (ad esempio nei contratti, nella documentazione di prodotti regolamentati, nei contenuti sanitari o nelle campagne ad alto impatto).
Controllo della qualità della terminologia e della coerenza tra le lingue, con il supporto di memorie di traduzione e glossari specifici per il cliente.
In questo modo l’IA cessa di essere una “scatola nera” che produce testi imprevedibili e diventa una componente di un processo solido, misurabile e controllato.
Cosa dovrebbe chiedersi un’azienda italiana prima di affidare tutto all’IA
Se siete responsabili del marketing, dell’export o della comunicazione in un’azienda italiana, ci sono alcune domande chiave da porsi prima di optare per la traduzione automatica non supervisionata:
In che tipo di testi una qualità inferiore può causarmi danni reali (perdita di vendite, problemi legali, percezione di un marchio scadente o poco serio)?
C’è qualcuno con una formazione linguistica che può effettivamente controllare ciò che esce dal motore, o nessuno nel team ha il tempo o le competenze per farlo?
Sto misurando l’impatto delle traduzioni su metriche specifiche (abbandono del sito web nella versione straniera, feedback dei clienti, incidenti commerciali) o sto guardando solo ai risparmi immediati?
Ho un partner linguistico che combina IA e talento umano, come Okodia, o mi affido a soluzioni generiche che non sono adatte né al mio settore né al contesto italiano?
Rispondere onestamente a queste domande porta di solito alla stessa conclusione: l’IA è un fantastico alleato, ma solo quando è al servizio di un processo di traduzione progettato da persone che conoscono la posta in gioco. In un Paese come l’Italia, dove gran parte del valore aggiunto si basa sull’immagine, sul dettaglio e sulla fiducia, lasciare la comunicazione internazionale solo nelle mani di un algoritmo è semplicemente un rischio che non paga.









